Canzoni da intorto
FolkNewsGENNAIO2023
di Daniele Fumagalli
“In quello stesso periodo cominciai a interessarmi di canti popolari del nord-Italia. Giravo per vecchie Pro-Loco dell’Appennino tosco-emiliano o per le ex Case del Popolo (le osterie non esistevano più) con un registratorino Philips a cassetta e molestavo anziani signori. Invitandoli a bere grandi quantità di vino per estorcere loro qualche frammento di canto popolare. Nel corso del tempo mi sono perfezionato professionalmente sia nella tecnica di raccolta, sia nei mezzi, registratore e relativo microfono. [...] Leggevo ed acquistavo libri che trattavano di canti popolari. Fra gli altri mi capitò di imbattermi ne “I canti popolari del Piemonte” raccolti da Costantino Nigra”.
Ecco la testimonianza sintetica di parte del lavoro dell’etnomusicologo (la raccolta sul campo e la ricerca bibliografica e d’archivio). Le difficoltà nel "farsi raccontare", in questo caso superate con qualche calice di rosso. E l'etnomusicologo in questione è il grande cantautore Francesco Guccini, nel libretto che accompagna il suo ultimo disco Canzoni di Intorto.
Una "fatica (si fa per dire)", citandolo, che costituisce sicuramente una eccezione nella discografia del cantautore: l'album è difatti costituito interamente da cover, cover di undici brani popolari e di canzoni d’autore della prima generazione. Stupisce inoltre che il cantautore Guccini abbia voluto chiudere la sua discografia (“Questo disco, che presumo sia l’ultimo”) con un LP di canzoni popolari e canzoni d’autore altrui. Ci sono dunque abbastanza motivi per dedicare la nostra (e vostra) attenzione a questo album.
1. Guccini “paga” un debito
Partiamo proprio dall’approccio entomusicologico. Guccini ha testimoniato a più riprese le radici popolari delle sue canzoni. Questa versione live della sua celebre Locomotiva, ad esempio, è preceduta da un’intervista in cui il gigante di Pavana dichiara senza mezzi termini la matrice popolare della sua canzone d’autore
Se i cantautori successivi furono influenzati da altri generi musicali, nei “primi cantautori” il legame con la musica popolare è assolutamente evidente, sia nelle musiche sia nelle tematiche trattate: basti pensare ai vari Modugno, De André, Endrigo, Jannacci, Gaber e, appunto, Guccini. Lo stesso Luigi Tenco dichiarò in uno dei suoi primi lavori discografici: “Le mie canzoni appartengono alla musica popolare, che meglio credo esprima emozioni e sentimenti in modo schietto ed immediato”.
Sempre sulla radice popolare gucciniana, si veda la nota in chiusura dell’articolo.
2. Quella cosa… in Lombardia
Merita un'attenzione speciale, per la nostra rubrica, la mole di canzoni lombarde presente nel disco del cantautore: ben quattro, e quattro pezzi non da poco. Ma mi (Strehler/Carpi), Sei minuti all’alba (Jannacci), El me gatt (Della Mea) e Quella cosa in Lombardia (Fortini/Carpi). Si tratta di canzoni d’autore: non in origine popolari, dunque, ma diventate popolari. Lo conferma sempre Guccini nel libretto interno, dichiarando di avere cantato, o sentito cantare, queste canzoni proprio in quei contesti popolari (Case del Popolo, circoli culturali) dove andava raccogliendo canti popolari
Bisogna porre l’attenzione proprio su questo punto. L’indubbia matrice - e radice - popolare dei primi cantautori si rivela, fenomenologicamente diciamo, proprio da questo loro essere ri-cantati in quei contesti informali in cui si è soliti incontrare la musica popolare. In altri termini: non è inconsueto sentir cantare Ma mi, ancora oggi, accanto a Quel mazzolin di fiori o Mamma mia dammi cento lire, laddove la musica popolare ancora sopravvive. Come non è inconsueto che nei medesimi contesti si imbracci una chitarra o una fisarmonica per intonare El purtava i scarp de tenis, Canzone per un amica o Bocca di Rosa. Questa pertinenza al contesto è ciò che potrebbe finalmente distinguere la musica pop dalla musica popolare: sentir cantare in un rifugio in montagna, o in una osteria (ma ci sono ancora?) Obladi Obladà o un brano di Achille Lauro sembrerebbe maggiormente inconsueto…
Una curiosità su Ma mi. Nel libro interno a Canzoni da intorto Guccini dice di Ma mi: “Un partigiano catturato resiste quaranta giorni e quaranta notti alle percosse dei carcerieri neri e alle lusinghe del commissario”. Commettendo, bisogna segnalarlo, un errore. Si tratta della interpretazione più diffusa del brano, ma sostanzialmente errata. In realtà il protagonista di Ma mi è un membro della malavita che non tradisce i compagni, e la vicenda è ambientata dopo la fine della guerra, come spiega l’autore della canzone, Giorgio Strehler, alla giovane Milva in questo video:
3. Un disco davvero necessario
Gli amanti della canzone popolare dell’Italia del Nord non possono non acquistare questo disco: esso rappresenta di gran lunga una perla necessaria di chiunque faccia ricerca, o semplicemente ami questo tipo di musica. Anche perché, fatto non secondario, è arricchito da preziosi arrangiamenti che non snaturano la matrice popolare dei brani, pur rendendo l’ascolto grandevole (gradevole, non facile) anche per gli esigenti (?) orecchi contemporanei.
Un sincero applauso dunque a Francesco Guccini, che coraggiosamente ha posto mano al disco e, con un grosso slancio di onestà intellettuale, ha voluto simbolicamente pagare il debito che tanti cantautori hanno nei riguardi del ricco, immenso e - in parte - sconosciuto patrimonio della musica popolare italiana.
4. Nota dell'autore
Il legame di Guccini con la musica popolare ci è noto da ben prima di Canzoni di intorto. Diversi mesi fa abbiamo scritto all’ufficio stampa del cantautore intenzionati a scrivere un articolo proprio per evidenziare questo legame, domandando al grande cantautore un’intervista proprio sul rapporto etnomusicologia-canzone d’autore. Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta.