Graziella Martignoni: chi è il nuovo Maestro benemerito del folklore lombardo
FolkNewsLUGLIO2022
di Laura Fumagalli
In occasione del raduno FITP Lombardia di Varese del 5 giugno 2022 il presidente Fabrizio Nicola ha consegnato il riconoscimento al Maestro benemerito del folklore Lombardo. Destinatario del riconoscimento Graziella Martignoni del Gruppo Folkloristico I Bosini di Varese, con questa motivazione: “Dal 1966 interprete di poesie musicate che raccontano la tradizione varesina. Memoria storica del gruppo, sempre prodiga di consigli, e dispensatrice di aneddoti sulle antiche tradizioni delle quali i testi sono testimonianza”. Visibilmente emozionata, sul palco Graziella è riuscita a dire solo un timido “grazie”.
Allora l’abbiamo intervistata per scoprire qualcosa di più su questa donna fantastica.
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Graziella, come è stato per te essere riconosciuta come Maestro benemerito del Folklore lombardo?
È stata davvero una sorpresa, non me l’aspettavo. Sul palco ero talmente emozionata che non sapevo cosa dire. Dopo così tanti anni di folklore, è un orgoglio per me vedere riconosciuti i miei sforzi. Le parole che sono riportate nella motivazione mi hanno toccato particolarmente, grazie!
Raccontaci la tua vita da Bosina.
Sono entrata nel gruppo a 21 anni, era il 1965, febbraio per la precisione. Una sera avevamo fatto uno spettacolo teatrale tra ragazzi, mi era piaciuto cantare e ballare e lo dissi ad un amico. Lui conosceva il gruppo folkloristico di Varese. In breve, tentammo di entrare, ci fecero una prova di canto e… diventammo Bosini anche noi. La prima cosa che pensai quel giorno fu che non mi avrebbero mai presa, loro cantavano così bene e io non mi sentivo all’altezza.
E invece… da 57 anni faccio parte di questa meravigliosa famiglia! Anche mio marito e i miei figli sono stati parte del gruppo.


Qual è il tuo ruolo nel gruppo?
Quando sono entrata, il Maestro mi disse che ero una soprano ma facevo fatica. Dopo qualche tempo si liberò un posto tra i contralti e cambiai ruolo.
Nel tempo sono anche diventata una ballerina, anche se adesso preferisco lasciare il posto ai giovani. Alla mia età danzare con le zoccolette non è poi così semplice!
Adesso il mio ruolo è quello di nonna del gruppo e di insegnante di canto. Mi piace aiutare i più giovani a trovare la propria voce e a usarla al meglio. A volte mi sento stanca, ma quando salgo sul palco mi passa tutto e mi sento felice.
Con il gruppo hai girato l’Europa. Negli anni d’oro i Bosini sono arrivati a 45 uscite l’anno, moltissime all’estero. Quali sono gli spettacoli che ti sono rimasti nel cuore?
Germania, Francia, Danimarca, Cecoslovacchia, Spagna: negli anni abbiamo partecipato a tantissimi festival europei e abbiamo fatto altrettanti spettacoli in Italia. Tra i momenti che non dimenticherò mai, l’evento di Dortmund, in Germania. Eravamo in uno stadio coperto: gruppi da tutta Europa e spalti pieni di spettatori. Avevamo appena iniziato a cantare il nostro pot pourrì di canzoni italiane, quando un’ala dello stadio si è alzata in piedi urlando e cantando con noi. Erano immigrati italiani che abitavano là. È stata un’emozione che non possibile dimenticare.
Bellissimo anche il concerto a Fano, in uno splendido teatro in cui negli anni si sono esibiti cantanti più famosi del mondo. L’acustica era perfetta.

Due anni di pandemia cosa hanno significato per il folklore e per i Bosini?
Terribile è l’unico aggettivo che mi viene in mente. È stato un periodo terribile. Noi come Bosini non ci siamo mai fermati, ci siamo tenuti in contatto telefonicamente e, appena è stato possibile, ci siamo incontrati per le prove, sempre con le mascherine ma in presenza. In quei momenti era essenziale non fermarsi perché altrimenti i giovani avrebbero trovato altro da fare e il gruppo avrebbe chiuso definitivamente.
Cosa è cambiato nel folklore dagli anni Sessanta a oggi?
È cambiato tutto, sia nel rapporto con le istituzioni, sia con la società. Una volta si dava tanta importanza alle nostre radici.
Le istituzioni erano orgogliose di essere rappresentate da un gruppo folkloristico come il nostro. C’era attenzione e riguardo nei nostri confronti, c’era ascolto. Ora non c’è più nulla, niente orgoglio, niente aiuti ne morali ne economici. Siamo lasciati allo sbando, come se in 90 anni il gruppo non ha portato le tradizioni di Varese nel mondo.
E così anche nei confronti della società e dei giovani. Una volta si entrava in un gruppo folkloristico per girare il mondo; oggi ci sono troppo attrattive per i giovani e viaggiare è facile. Il folklore ha perso il suo fascino.


Il momento della nomina del Maestro benemerito del Folklore lombardo