Il folklore si veste... di arte!
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di Lina Cabrini e Erica Rota
Erica Rota, dal 2022 (entrata nel gruppo nel 2018) è presidente del Gruppo storico "Gli Scacchi Viventi" di Mapello.
Il Gruppo nasce nel 1982 in occasione della Festa delle Torri, per rivivere ed onorare la storia Millenaria di Mapello e delle sue Frazioni.
Gli abiti che indossano riflettono l'orientamento della manifestazione storica, che copre un lasso di tempo ampio: dal medioevo al '700.Tutti gli abiti che indossano sono stati realizzati da loro, riproponendo fedelmente i diversi modelli d'epoca recuperati da antichi libri ed altre opere (come allegati).
La ricerca di pregiati tessuti e la minuziosa attenzione ai dettagli unita alla bravura delle sarte, componenti del gruppo, hanno reso possibile la produzione dei loro splendidi costumi.
Erica, di professione restauratrice, ritiene che la pittura sia un bellissimo mezzo di comunicazione che ci tramanda testimonianze del passato e in alcune opere ha trovato molte caratteristiche simili agli abiti che ha il gruppo. Il restauro è per lei un lavoro prezioso, che ha come scopo principale quello di salvaguardare e mantenere nel tempo le testimonianze della storia, degli avvenimenti e delle tradizioni.
La coppia gotica
La coppia che Erica ha scelto di descrivere appartiene alla moda gotica internazionale (metà 1400). Sono stati creati ispirandosi alla raffigurazione (particolare) di Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia, Corteo nuziale (Cassone Adimari), 1440-1450 circa, tempera su tavola, Firenze, Galleria dell'Accademia.
La moda femminile nella prima metà del ‘400 risente ancora dell’influenza tardo gotica, caratterizzata da un modo di vestire molto slanciato e verticale. In analogia con l’architettura delle cattedrali gotiche caratterizzate da archi a sesto acuto, guglie e campanili altissimi.
L'abito femminile é composto da un esiguo corpetto attillato fermato sotto il seno con una scollatura a punta e da un'ampia gonna che si estende in un lungo strascico. Le maniche "ad ala" partono più strette dalle spalle per allargarsi fino a terra e sono lasciate completamente aperte in tutte le lunghezze per poter mostrare le strette maniche dell'abito sottostante. Il ricamo - realizzato con perle (simbolo di purezza), fili d'oro, pietre preziose, come il rubino (simbolo di fecondità) - era talmente ricco che poteva valere da solo quanto un gioiello e costare di gran lunga più di tutto l'abito. Questo periodo è rappresentato da una ostentazione dei costumi sia nella qualità di broccati, damascati e sete, che anche dal grande impiego di tessuto. La coda, come le doppie maniche, va assumendo nel tempo proporzioni sempre più esagerate, ignorando volutamente e con arroganza le leggi; si tenterà di disciplinare gli eccessi, cercando, come a Pistoia nel 1420, di limitare le manifestazioni più esagerate, stabilendo misure, tipologie e metraggi. Sono vesti eccezionali, e destinate ad essere portate solo in occasioni eccezionali; nella vita quotidiana presso le nostre corti erano utilizzati abiti di panno, di tela o di pignolino, molto più semplici e pratiche, con colori tonali e forme morbide, senza troppe esagerazioni.
L'abito maschile era composto da una casacca corta fin sopra il ginocchio chiamata giornea, con maniche aperte molto larghe, impreziosite da fili d'oro e perle, mentre le gambe venivano coperte da calze a tinta unita o a due colori diversi. Come copricapo indossavano un alto berretto da cui pendevano ricche bande di stoffa frastagliate, che venivano girate dietro le spalle e fatte scendere fin quasi a terra; da noi prenderanno il nome di scendibende. I piedi calzavano nelle lunghe "code di serpente", ovvero scarpe di colore nero che terminavano a punta. Più queste scarpe erano lunghe più importante risultava la persona che le calzava. Erano quindi proibite al popolo e alle classi medie, mentre per i nobili arrivavano ad avere delle misure esagerate, fino a diciotto pollici ( circa cinquanta centimetri). Una moda scomoda, ma che durerà quasi un secolo, fino alla fine del Quattrocento, quando queste scarpe saranno sostituite da un modello esattamente opposto, delle grosse scarpe a pianta larga.
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Cassone Adimari (particolare)

Gruppo Storico di Mapello - coppia con abiti del 1450

Particolare dell'abito del Quattrocento
La coppia elisabettiana
La seconda coppia di abiti che Erica ci descrive appartiene all'età Elisabettiana, ovvero il periodo del lungo regno (1558-1603) di Elisabetta I d'Inghilterra, durante il quale la nazione salì di potenza e di prosperità e le arti conobbero una fioritura eccezionale. L'abito della regina è stato proprio copiato nei minimi particolari da uno dei suoi ritratti, in particolare dal Ritratto dell'Armada (The Armada Portait) un dipinto allegorico di artista ignoto, realizzato nel tardo XVI secolo ed eseguito con la tecnica dell'olio su tela. L'opera celebra la vittoria della sua flotta sull'invincibile Armada di Filippo II di Spagna, avvenuta nel 1588. Il dipinto è conservato nella Woburn Abbey.
Tipico dell'epoca fu la gorgiera che da modesto ornamento attaccato al collo divenne un vero e proprio accessorio separato, in lino, decorato con pizzo e ricami,a forma di ventaglio, sostenuto da stecche di ferro.
Il busto, fortemente armato, si prolunga con una lunga punta, ben oltre la vita, e si appoggia alla gonna. La sottana è rotonda con grosse pieghe montate a canne d'organo sui fianchi, arrotondati da un grosso "ciambellone" imbottito di paglia che si annoda in vita sotto la gonna, chiamato burlotto. Le maniche sono montate ad arco a formare una mezza luna, mentre la gonna di velluto nero e broccato ricamato prende la forma cilindrica detta a tamburo, ispirata, sembra, dallo strumento musicale delle bande militari. La foggia riprende i colori prediletti della regina: il bianco simbolo di purezza ed il nero simbolo di forza, giudizio, saggezza e dignità. L'ampio e lungo mantello riprende le decorazioni dei fiocchi rosa e la ricchezza di perle e pietre, utilizzate per impreziosire l'intero abito.
Gli uomini vestono abiti di una foggia decisamente meno involuta e complicata di quella femminile: la forma è più libera, armonica e slanciata. L'abito era composto da una camicia di lino con pizzo al collo e alle maniche, sopra la quale, si indossava un doppiopetto con maniche lunghe, talvolta sostenuto da stecche di legno per mantenere la forma tipica arcuata sul fronte.
I brevi calzoncini a zucca sono tagliati e montati su due diverse strutture e poi ricongiunti in vita, mettendo in evidenza le gambe fasciate nelle calze di seta. Il soprabito, in velluto nero damascato ed impreziosito con ricami dorati, era costituito da un cappotto lungo sino ai fianchi. Tutto nell'abbigliamento del gentiluomo doveva contribuire a conferire una postura solenne, di artificiosa altezzosità in cui ben poco rimaneva di naturale. Le calzature sono prive di tacco secondo il retaggio rinascimentale, ma riccamente decorate, e sul capo non può mancare un berretto in tinta col resto dell'abito.

Ritratto dell'Armada

Gruppo Storico di Mapello - coppia con abiti del 1590


Particolare dell'abito
Particolare della manica e del mantello