LE TAISSINE, UNA RICCA STORIA DIFFUSA E APPREZZATA PER PIÙ DI 10 ANNI
FolkNewsDICEMBRE16
delle Taissine
Noi siamo il Gruppo delle “Taissine” di Gorno (BG), Il nostro gruppo si è costituito nell’aprile 2006 con lo statuto con cui si è definito “Gruppo Folklorico di tradizione mineraria”ed è formato da 16 donne. Da dieci anni abbiamo come obbiettivo di far conoscere la storia delle “Taissine” al di fuori dei confini del nostro paese.
Per capire chi siamo, bisogna tornare indietro nel tempo: Gorno, in “Val del Riso”, in provincia di Bergamo è sempre stato famoso per le sue miniere di zinco e piombo. Già ai tempi dei romani il materiale denominato oggi calamina (carbonato di zinco, dal colore particolare rossastro) veniva estratto e unito al rame formando una lega resistente e utile: l’“auricalcum” che noi oggi conosciamo come ottone. Ne parla Plinio il Vecchio nel suo “Naturalis Historiae” Anche durante il medioevo continuò l’estrazione del minerale e nei primi del 1500 il territorio di Gorno e le zone circostanti furono oggetto di studio del grande Leonardo da Vinci.
Un documento a tale proposito si trova attualmente conservato nella biblioteca reale di Windsor in Inghilterra.

Sembra quasi impossibile, eppure non molti decenni fa, all’imbocco delle miniere, accanto ai minatori, lavoravano anche le donne. Erano le “taissine”, cernitici di minerale. La donna, una volta, era considerata solo come la custode del focolare, ma non è stata solo quello; un proverbio bergamasco dice che “l’óm l’è l’órt, la fómla la sèsa”, ovvero ovvero l’uomo produce, la donna conserva, raccoglie, amministra, ma non è stato sempre vero.
In questo ciclo di lavorazione furono impiegati donne e fanciulli, addetti alla cernita del minerale, e al trasporto dai cantieri alti alla carreggiabile.


La roccia estratta dai minatori veniva portata a spalla da donne e ragazzi, sui piazzali situati all’imbocco delle gallerie dove altre donne erano addette allo spezzettamento con martelli e alla cernita della calamina (miscuglio di vari minerali) mentre il materiale non produttivo veniva gettato nelle discariche. Il lavoro cominciava già nei piazzali antistanti la miniera, qui alcuni uomini rompevano con grosse mazze i pezzi più grossi, e successivamente intervenivano le donne che con martelli liberavano il più possibile il minerale dallo sterile. Chine o sedute su rozzi sgabelli spezzettavano il minerale e lo ammucchiavano vicino alle stazioni di partenza; con il sole, il vento o il freddo, il duro lavoro proseguiva per otto o più ore al giorno per una paga scarsa ma importante per la famiglia, il salario era di circa due lire per ogni giornata lavorativa.
Era un lavoro difficile per i minatori in galleria con poca aria e luce, per i bambini costretti dopo i 12 anni a guadagnarsi da vivere, per le donne che spesso alternavano i lavori in miniera con quelli agricoli e domestici. Questo lavoro fu svolto dalle donne con tanta pazienza e fatica.
In seguito subentrarono nuovi sistemi di lavorazione meccanici che andarono a sostituire un lavoro manuale svolto per tanti anni dalle donne.

Noi Taissine di oggi abbiamo avuto la fortuna di poter parlare con le Taissine di un tempo, di farci raccontare i loro ricordi, le loro fatiche, la loro vita di un tempo.
Ecco alcuni loro racconti cominciando dalla decana, la nostra Taissina Margherita che ha vissuto fino alla bell’età di 104 anni! “Ho lavorato come taissina dai 18 fino ai 23 anni, quando mi sono sposata - raccontava sempre Margherita ad amici, parenti e curiosi - Si andava al piazzale fuori dalla miniera a piedi, risalendo il crinale della montagna sotto la pioggia, la neve e il sole sempre con i nostri spei, “gli zoccoletti di legno”, e con un vestito semplice. Il freddo d’inverno era tremendo, allora accendevamo un fugarì, “un piccolo focolaio” per scaldarci almeno le mani e lavorare meglio. Le nostre mani infatti erano tutte sporche e rovinate ma non ci importava: ci pagavano a cottimo, ovvero solo quello che producevamo, perciò era fondamentale lavorare bene e selezionare più minerale possibile, mettendo ol mineral d’ona banda e i ploc da l’otra ”il minerale da una parte e lo sterile dall’altra”.

Noi siamo quindi le Taissine di oggi, vicine nello spirito alle taissine di allora e come loro sicure dell’importanza del lavoro che svolgevano. Il nostro scopo come gruppo folklorico è di far conoscere le donne della “Val del Riso” che con un duro lavoro contribuivano a mantenere la famiglia, donne che ci insegnano ancora oggi sacrificio e tenacia. Con il progetto di riapertura delle miniere a scopo turistico/didattico è tornata viva la memoria del duro lavoro delle “Taissine”. Gli obiettivi che ci siamo proposte è stato: dare voce a questa storia di donne ricordando il lavoro di miniera e far conoscere le nostre tradizioni oltre i confini del paese.
Il gruppo è composto da 16 donne, a cui si aggiungono per le manifestazioni, uomini e ragazzi a rappresentare minatori e galéc (ragazzi della miniera). Il nostro costume richiama l’abito da lavoro delle Taissine di una volta: il grembiule, che serviva a preservare l’abito di tutti i giorni; una camicetta e una gonna; ai piedi calzavano degli zoccoli, che spesso per raggiungere il posto di lavoro, venivano tolti per non consumarli; un foulard per riparare i capelli dalla polvere e per tener caldo. Gli attrezzi da lavoro erano il martello, allungato e fine da una parte, per staccare il minerale dalla roccia e largo e piatto dall’altra per frantumare il minerale; il setaccio che serviva a separare dal minerale la polvere e la terra; la carriola per portare il minerale al cumulo della raccolta.
L’esperienza vissuta fino ad oggi ci stimola a proseguire il cammino raccontando la storia delle “taissine”, portandole lontano, oltre i sentieri delle nostre valli. Quest’anno sono dieci anni che raccontiamo la loro storia: storia delle donne di Gorno, del nostro paese e la tradizione millenaria delle nostre miniere. Siamo onorate di poter festeggiare questo traguardo con la grande famiglia della FITP (Federazione Italiana Tradizioni Popolari) di cui facciamo orgogliosamente parte; l’affiliazione alla FITP per noi è importantissima, che ci sprona a proseguire con entusiasmo nuove ricerche perché “un paese senza memoria è un paese senza storia”.